mercoledì 8 novembre 2017

5 Novembre 2017 - New York City Marathon

Il 28 ottobre 1984 Orlando Pizzolato vinceva, primo europeo nella storia, la Maratona di New York. Avevo 13 anni e quella domenica, seduto davanti alla Tv, guardando vincere un italiano e sfilare a Central Park migliaia di atleti di ogni razza e nazionalitá, cullavo dentro di me il desiderio di poterne fare parte un giorno. Ma ero un ragazzino, la corsa non era per me, continuo a pensarlo anche oggi, in veritá, e poi si faceva fatica, correre 42 km ma siamo matti, no no, non é pensabile, e cosí quel desiderio l’ho chiuso in un cassetto senza avere la minima speranza di poterlo riaprire. Ma 4 anni fa ho iniziato a correre, cosí come iniziano quasi tutti, un po’ alla volta, poche centinaia di metri, poi 5 km, poi dopo 4 mesi 10 km, poi la mezza maratona e poi la distanza regina, il vero amore, che ho corso giá tre volte, e quel cassetto, timidamente, a Dicembre dello scorso anno, l’ho riaperto. A fine 2016 mi sono iscritto tramite il tour operator per eventi sportivi Terramia curato guarda caso proprio da Orlando Pizzolato, alla Maratona di New York, la maratona piú famosa, piú coinvolgente, forse non piú bella, anche se per me lo é stato, e con il piú alto numero di arrivati al traguardo, del mondo. La maratona della gente. New York si é messa il suo vestito piú bello per l’occasione e giá da alcune settimane prima dell’evento l’aria in cittá é quella del grande appuntamento che si aspetta un anno intero. I giorni precedenti la gara sono stati pieni, stancanti, ma anche fonte di grande arricchimento personale a livello culturale. Si é dormito pochissimo, complice il jet-lag, e si é camminato tanto. Ho conosciuto Pizzolato di persona, con il quale é stato organizzato un allenamento collettivo a Central Park, e il dj Linus, testimonial di Terramia. E ho conosciuto anche alcuni ragazzi, Massimo, compagno di stanza d’albergo, col quale fin da subito si é instaurato un clima goliardico e amichevole, e Simone, ragazzo di Running forum, col quale ho condiviso alcuni momenti davvero piacevoli nel dopo-gara. E cosí quel giorno progettato da quasi un anno ed atteso da quasi 34 é arrivato. É l’alba del 5 Novembre 2017. La sveglia é praticamente inutile perché nonostante ci sia il cambio dell’ora, da legale a solare, alle 4.00 io e Massimo siamo giá svegli. Il materiale tecnico é preparato dalla sera prima con il pettorale ritirato all’Expo giá appuntato sulla canotta Terramia personalizzata col nome. Ci sarebbe da spendere qualche parola sull’expo, gigantesco, una sorta di fiera del running, con prodotti di merchandising griffati New York City Marathon che compreresti spendendo un capitale. Il ritrovo é previsto nella hall dell’albergo alle 5.20 per le wave 1 e 2 ( Sono previste 4 wave a seconda dei tempi dichiarati, io e Massimo siamo in 2), per prendere la navetta che ci porterá a Battery Park da dove partono i ferry boat per Staten Island da cui la maratona prenderá il via. Fa freddo, non tanto per la temperatura in se, ma per il vento, gelido. E le previsioni meteo danno pioggia in corso di gara. I pensieri vanno alla maratona di Roma di quest’anno e gli scongiuri sono d’obbligo. Arrivati nei pressi di Battery Park più precisamente a Lower Manhattan nel molo South Ferry, i primi controlli, verifica pettorale e ispezione cinofila. Poi fila, tanta fila, per prendere il ferry. Il tragitto di circa mezz’ora ci fa ammirare la statua della Libertá in lontananza anche se col freddo che fa preferiamo stare coperti verso l’interno. Arrivati a Staten Island al St. George Ferry Terminal su Richmond Terrace altro controllo del pettorale e altra ispezione. Passati questi decidiamo di sederci per terra al terminal traghetti, visto che questo é l’unico posto dove poter stare riparati prima della partenza. Conosciamo un gruppo di 5 italiani che hanno partecipato altre volte a questa gara che ci danno qualche dritta sulle modalitá di partenza, ma anche loro restano spiazzati dalle misure di sicurezza che gli americani hanno messo in atto quest’anno dopo l’attentato a Manhattan di qualche giorno fa. Infatti ci troviamo con una marea umana davanti quando decidiamo di passare allo step successivo, prendere l’autobus fino a Fort Wadsworth ai piedi del Ponte di Verrazzano da cui si partirá. Alle 7.30 siamo all’inizio della pensilina fuori dal terminal dei ferry boat, alle 8.40 ne usciamo. La polizia deve procedere a bonificare ogni autobus e i tempi si dilatano a dismisura. La consegna borse prevista per le 8.50 ormai é saltata perché l’autobus impiega 40 minuti per arrivare al villaggio di partenza. Capirete che la sveglia, il clima, i controlli, le attese, ed ora anche i ritardi aumentano a dismisura lo stato d’ansia che giá bastava di suo senza queste ulteriori beghe. Per fortuna un po’di tolleranza ci consente di cambiarci e consegnare le sacche all’organizzazione anche se in ritardo sul previsto, perché, dopo tutto, i ritardi li hanno causati loro. Nel frattempo io e Massimo ci siamo separati, lui ha imboccato la strada per il villaggio verde (partirá sotto al ponte), io per quello arancio (partiró sul lato sinistro del ponte con vista su Manhattan, peccato che la giornata non é delle migliori e il panorama ne risenta). É prevista anche una terza partenza, la blue, che invece avrá la prima parte del percorso sul lato destro del ponte di Verrazzano. Il villaggio é davvero carino, ci sono stand che offrono integratori, caffé, té, donuts ma io voglio andare sul sicuro. Mi sono portato in un sacchetto fette biscottate e marmellata. La felpa che abbandoneró sulla start line, per essere donata successivamente ai senza tetto, tiene caldo. Una volta consegnata la sacca, fino alla partenza, quindi per circa un’ora, non si puó consegnare piú nulla all’organizzazione quindi o ti tieni addosso quello che hai o lo butti via prima dello start. Anche durante la gara in veritá, soprattutto sul ponte di Verrazzano, l’asfalto diventerá un tappeto di maglie, giacche e pantaloni. Ogni colore ha poi dei corral, circa 8, contrassegnati da lettere crescenti, io sono nel D. Nel mio stesso corral, in cui entro circa 20 minuti prima dello start , conosco Simone, un ragazzo iscritto a Running Forum, parliamo dei nostri rispettivi obiettivi e ci diamo appuntamento in serata visto che andremo assieme a festeggiare guardando una partita della Nba al Madison Square Garden e poi a cena. Ma dicevamo, manca poco. Circa 10 minuti prima del via fissato per me alle 10.15 tolgo la felpa e la inserisco nei cassoni per la Caritas. Ci si sposta a passo lento ai piedi del ponte, la tensione é palpabile, tutti fotografano tutto anche se forse non c’é niente di cosí spettacolare da fotografare oltre al ponte stesso. E poi, parte l’inno americano. Brividi, brividi che da ora non mi abbandoneranno piú. Pronti... “oooone minute” e poi sempre meno e poi “buuuuum”. Un colpo sordo mi fa trasalire. Il colpo di cannone dá il via alla gara. Partono le note di “New York, New York” di Frank Sinatra. Sono nel sogno e non me ne rendo conto. Voglio godermi questa gara cosí tanto che per la prima volta corro senza cuffie per la musica. Si inizia a camminare, prima piano poi un po’ piú veloce e poi si corre, a freddo, senza riscaldamento e stretching perché di posto per farlo non ce n’era e col punto piú duro dell’intera corsa subito lí, una salita di circa un miglio (1600 m ). Decido di correre a sensazione , non sono dislivelli incredibili, in questo miglio si sale di 50 metri, poi si scende di 60 nel miglio successivo. Ma si rischia di pagare tutto alla fine. Non avendo ossessioni cronometriche, piú strada faccio correndo, meglio é. Arrivo alla fine del ponte, dopo la discesa in picchiata, in 16 minuti. Il panorama é davvero incantevole, peccato per quel po’ di foschia. Fisicamente sto bene anche se ho un leggerissimo fastidio al polpaccio destro dovuto probabilmente alla partenza a freddo. Si entra nel distretto di Brooklyn, il secondo dei 5 toccati dalla maratona. E qui comincia il giubilo. Gente ovunque che fa un casino assordante. Cartelli divertentissimi che piú avanti, quando la testa sará un po’ in difficoltá, saranno di grande aiuto. Ne cito un paio “ The machine is around the corner” e “Pain is a french word that means bread”. E poi sento tutti che urlano il mio nome, in veritá urlano il nome di tutti quelli che hanno la maglietta serigrafata. E poi “Forza Italia” o ancora, “dai Enzooo”, incredibile, davvero!! Ma quanti sono!! Non guardo l’orologio, do il “5” ad alcuni bambini, tutti felici, ne vedo uno disabile, avrá non piú di 6 anni, torno indietro di qualche metro, lui lo merita piú di altri, e cosí avanti per Bay-Ridge, Sunset Park e Bedford-Stuyvesant. Una marea umana, musica improvvisata, altra organizzata. Complessi rock, bande musicali, cantanti solisti, cori gospel. La prestazione sportiva non conta, non puó contare oggi. Ogni quartiere attraversato ha le sue particolaritá, siamo lontani dai grattacieli sfavillanti di Manhattan, case basse, ristoranti e bar piú “alla mano”. Bedford-Stuyvesant ad esempio é il cuore della cultura afroamericana a Brooklyn, come Harleem lo é per Manhattan o Brighton Beach sempre a Brooklyn, che non viene attraversato dalla maratona, lo é per i russi. Ció che non cambia ovunque é la partecipazione, il voler essere parte dello spettacolo da spettatori. Ovunque, si diceva, ma non a Williamsburg, il quartiere ebraico di New York. Qui sembra di entrare in un’altra dimensione, silenzio assoluto, passanti con barbe lunghe e lunghi soprabiti neri, passeggiano quasi infastiditi dai passi dei 60000, solo stoicamente due ragazzi, probabilmente capitati lí per caso, cercano di suonare qualcosa nella totale indifferenza degli abitanti. Si supera anche Greenpoint, l’ultimo dei quartieri di Brooklyn per arrivare al Pulaski Bridge dove é situato il punto virtuale della mezza maratona. Finora, devo ammettere, ho guardato solo saltuariamente il crono, completamente estasiato da quello che mi circondava, il tempo é davvero volato, le gambe, leggermente appesantite all’inizio, si sono sciolte, i ristori, qui posti ogni miglio, assolutamente all’altezza di una corsa cosí importante. I passaggi ai vari intertempi abbastanza regolari, dopo tutto la prima parte é quasi priva di difficoltá se non per il ponte iniziale, ai 5 k in 26m 31s, ai 10 k in 52.44, ai 15 k in 1.19.41, ai 20 k in 1.46.52, alla mezza in 1.53. Probabilmente potevo fare meglio, magari un paio di minuti, ma sono andato in parte volutamente piú lento perché dal 25 km il percorso diventa piú duro e dopo i 35 km é un viaggio nel buio. In allenamento non ho superato quella distanza e non so come le mie gambe reagiranno ai sali scendi di Manhattan. Il passaggio sul Pulaski Bridge é la prima sollecitazione di un certo rilievo per i polpacci da inizio gara, 850 metri di lunghezza, 12 metri di altezza, non un granché, ma queste variazioni di pendenza alla lunga possono fare male. Si entra nel Queens. E altro bagno di folla. Fantastico leit-motiv di tutta la gara. Il tempo sta tenendo, sembra debba piovere da un momento all’altro, piovigginerá, alla fine, ma niente di trascendentale, il vento si é calmato un po’, insomma condizioni ideali per correre. Tutto procede per il meglio fino a metá del km 24 quando raggiungo il temutissimo Queensboro Bridge, il ponte sull’East River che collega i distretti del Queens e di Manhattan. Una salita di 600 metri che sembra l’Everest, altezza 107 metri. Lí salta anche il Garmin, che impazzisce segnandomi un ritmo da bradipo. Vengo passato da una decina di atleti che fanno i fighi, almeno 4/5 li riprenderó piú avanti sulla First Avenue quando passeggeranno. Passaggio ai 25 km, 2h 18m, un po’ alto ma sul ponte del Queensboro avró lasciato almeno un minuto e mezzo. Entrati a Manhattan l’apoteosi. L’ingresso sulla First Avenue é chiamato il Maracaná del corridore ed é intuibile il perché. Sul ponte del Queensboro gli spettatori non possono andare quindi, semplicemente, si accalcano nei primi punti disponibili. Ed é un tripudio di grida, musica, tamburi. Pelle d’oca!! Se uno pensa che passato il ponte del Queensboro la strada verso l’arrivo sia in discesa si sbaglia di grosso. Da ora in poi é tutto un sali scendi. La first avenue é una strada di 6 km ma mentre la percorri ti sembrano 600. Non finisce mai, e qui la tenuta mentale per non saltare é fondamentale. Manca tantissimo ma superato questo scoglio hai il profumo degli alberi di Central Park che ti aiuterá. Arrivo al km 30 in 2.45.15. Mancano 12 km, comincio ad accusare un po’ di fatica. É il momento in cui la testa deve cominciare a funzionare piú delle gambe. Cerco di isolarmi mentalmente nella confusione, cercando di focalizzare cosa mi ha portato fino qui, quali le motivazioni. Altro ponte, il Willis Avenue che per circa 3 km fa entrare la maratona nel distretto del Bronx. Ora viaggio con la testa, penso ai film che narravano di gang delinquenziali, scoprendo gente molto diversa da quel vecchio stereotipo. In effetti col tempo questo distretto é diventato quasi un sobborgo di Manhattan e pur mantenendo un tasso di disoccupazione elevato é oggi abitato da molti che lavorano come pendolari a Manhattan. Si entra a Manhattan tramite l’ennesimo ponte, il Madison Avenue. La corsa procede per Harlem giú lungo la 5th Avenue. Ora é il momento dei lustrini, la Manhattan bene, gli eleganti e lussuosi edifici che si affacciano sui parchi. Residenze storiche e musei si alternano a moderni grattacieli. E anche qui, manco a dirlo, gente ovunque ai lati della strada, solo che adesso le urla, i rumori e la musica con l’aumentare della stanchezza stanno diventando quasi fastidiosi. Solo i cartelli non mi stancano, quelli continuano a farmi sorridere e contribuiscono a tenermi sul pezzo. Il ritmo é ormai calato inesorabilmente, anche perché i sali scendi sono diminuiti ma non finiti. Si passa accanto al Marcus Garvey Park, mi illudo sia Central Park, ma ci vuole ancora un po’. Km 35 in 3.14.58. Si prosegue sulla 5th avenue, mancano 7 km, un’eternitá, ma cosí pochi se paragonati ad una normale uscita di allenamento. Al ristoro del km 37 decido di fermarmi un attimo a sorseggiare acqua con piú calma, prendo un gel, l’ultimo, respiro profondamente. Perdo un minuto circa. Non importa. Poco dopo il museo del Guggenheim si entra nel parco. 4 km all’arrivo. Le gambe girano meglio adesso. Ripenso a Roma e a quei maledettissimi crampi degli ultimi km, cerco di scacciare le negativitá, sto per realizzare il mio sogno, nulla deve essere negativo. Columbus Circle, due giorni fa ci siamo trovati qui con Pizzolato e Linus per la foto di gruppo, 33 anni fa Pizzolato qui imboccava l’ultimo miglio per conquistare la sua New York,ora qui io imbocco l’ultimo miglio per conquistare la mia. Si rientra in Central Park. Estraggo la bandiera tricolore che fino ad ora ho custodito nel marsupio, la lego al collo e corro per gli ultimi 1500 metri tra due ali di folla festante. Ho il cuore che batte all’impazzata, il traguardo lo si vedrá solo negli ultimi 200 metri, prima una serie di curve, non bado nemmeno al cronometro che mi sta proiettando verso un assolutamente insperato personal best, ad ogni passo viaggio un po’ piú indietro nel tempo, ora lo vedo l’arco, lo riconosco, é quello che abbiamo intravisto l’altro giorno quando lo abbiamo lambito nell’allenamento collettivo. Alzo le braccia al cielo, 50 metri, 40, 30, 20, 10 urlo, ora ho 13 anni, sono di nuovo quel ragazzo davanti alla Tv folgorato dalla Maratona di New York. Una lacrima a rigarmi il viso mentre mi mettono la medaglia al collo ed io, che ho di nuovo 46 anni, realizzo quel sogno di ragazzo. 3h 55m 41s personal best. La mia New York.

martedì 11 aprile 2017

2 Aprile 2017 - Maratona di Roma

Per quanto si potesse pensare a una gara dura, per quanto si potesse essere preparati ad affrontarla, la realtá é stata sicuramente peggiore. Chi aveva partecipato a questa splendida maratona aveva raccontato dei saliscendi e dei tratti in pavé, affrontarli con la pioggia e con sopravvenuti problemi fisici ha contribuito a dare a questa gara dei contorni di epicitá. Ma come sempre andiamo con ordine. Arrivo a Roma il Venerdí, e mi godo la cittá a 360 gradi complice una fantastica giornata di Primavera.
L'expo della maratona allestito al quartiere Eur, nemmeno troppo affollato, mi permette di entrare quasi subito in clima gara. Scambio in inglese un paio di battute con un indiano sui nostri rispettivi "goal", obiettivi, nel tragitto che dalla metropolitana porta al Palazzo dei Congressi ove é allestito il Marathon Village. Ci ritorneró anche Sabato per accompagnare l'amico Piero nonché compagno di squadra, la cui presenza assieme ad Elisa, ha reso meno malinconica la mia permanenza a Roma soprattutto nel post-gara.
La partenza é fissata alle ore 8.50. Questo presuppone la sveglia all'alba. Sono ospite di un bed & breakfast nella zona di Furio Camillo, vicino alla fermata della metropolitana. L'appuntamento con Piero é alle 7 a Roma Termini. La giornata é piovosa ma almeno per il momento concede una tregua anche se all'orizzonte il cielo é nerissimo. La stazione della metropolitana del Colosseo, nell'immediata vicinanza della partenza é chiusa, questo per obbligare i partecipanti a transitare per un percorso ben definito in piena sicurezza, in modo ordinato, partendo dal Circo Massimo, percorrendo via di San Gregorio, girando attorno al Colosseo per via Celio Vibenna e giungendo in Piazza del Colosseo dove sono posti i camion per il deposito borse. L'organizzazione é buona, niente da dire, bisogna pur sempre considerare che ci sono 16000 iscritti, che il tempo limite di 7h 30m permetterá di tagliare il traguardo a 13300 persone, una macchina impressionante che peró qualche criticitá l'ha evidenziata. La mancanza di adeguati ripari soprattutto all'arrivo sotto la pioggia ha costretto i piú a percorrere oltre 2 km dopo il traguardo per recuperare le borse e cambiarsi nella stazione della metropolitana di Circo Massimo. Depositate le borse ci inquadriamo alle 8.30. Siamo entrambi, io e Piero, nel gruppo C, lui perché alla prima maratona, io perché con i miei tempi precedenti non sono mai stato sotto le 4h 10m. L'obiettivo per questa gara é stare sotto le 4h, la lunga preparazione é stata fatta in funzione di questo, anzi secondo calcoli spicci si potrebbe pensare a qualcosina meno, 3h 55m, anche 3h 50m.
Ma che le cose andranno diversamente lo si é capito da subito. Un minuto prima della partenza comincia a piovere. A dirotto. Non si vede quasi nulla. E sará cosí per i primi, lunghissimi, 12 km. La partenza esattamente all'altezza del Foro Traiano, in qualsiasi altro momento, sarebbe stato da cartolina, come da cartolina sarebbe stato il passaggio seguente all' Altare della Patria, invece intruppato in mezzo a migliaia di atleti lenti e sotto una pioggia battente, di indimenticabile c'é ben poco. Il primo km a 5.53 dice tutto. Mille pensieri passano per la testa mentre la casacca sociale ed i manicotti ben saldi alla maglia tecnica sono giá inzuppati. La cosa che piú temo in questo momento sono i sampietrini che con l'acqua somigliano a cubetti di ghiaccio e le buche coperte dall'acqua. Riesco zigzagando a trovare finalmente il mio ritmo. Secondo km a 5.38 poi 2 km a 5.21. Non riesco nemmeno piú di tanto a godere dello spettacolo che questa splendida cittá offre, troppo impegnato ad evitare le pozzanghere che con tutti i km davanti potrebbero causare ulteriori problemi. Noto giá il classico scostamento tra il mio crono e quello di segnalazione kilometrico della gara. Al momento é di circa un centinaio di metri. Passo ai 5 km in 27m 33s. Ritmo discreto, speravo in un minutino in meno, ma date le condizioni climatiche ed il percorso va benissimo cosí. Il tour romano prosegue su via Baldelli, viale Marconi, ed il primo ponte sul Tevere, prima di immettersi per circa un paio di km sul lungotevere. I parziali ormai sono consolidati, tutti tra i 5.20 e i 5.30. Firmerei per portare a casa questa gara con questi tempi. C'é inoltre da dire che qualche problemino fisico nella settimana precedente la gara c'é stato, prima un piede, poi l'altro, poi una caviglia. Al via comunque stavo bene ed ora che di km ne sono passati 10 le cose vanno per il meglio anche se in una maratona i conti si fanno dopo il km 30. Passaggio al km 10, 54m 53s, tutto sommato accettabile. Verso il km 12 dopo aver superato il ponte Testaccio e aver raggiunto il Lungotevere Aventino la pioggia ha concesso un break, un attimo di respiro. Sará stato questo, forse, a distrarmi quel tanto da farmi mettere il piede in fallo. Per evitare gli schizzi di un atleta davanti scarto lateralmente ma non mi accorgo di una pozzanghera che copre una buca. Il piede destro ci finisce dentro interamente e sento l'acqua ovunque. Spero non accada quello che purtroppo una decina di km dopo accadrá. Ora é tutto lungotevere fino al km 16 e passo al km 15 in 1.22.17, piú o meno ritmo costante dall'inizio. Dopo il Ponte Cavour un paio di km ad introdurre quello che é, a mio avviso, il passaggio piú suggestivo della gara intera. Prima via della Trapontina con alla sinistra Castel Sant'Angelo e poi via della Conciliazione fino a San Pietro. Saranno le centinaia di persone assiepate ai lati della strada, sará la bellezza assolutamente incantevole della piazza, mi ritrovo per alcuni istanti a non pensare piú né al ritmo né al mio piede inzuppato. Penso solo a quanto sono fortunato oggi a poter correre in tanta bellezza e ad avere Roma per un giorno tutta per me, e di pochi altri 16000. Il percorso prosegue nel quartiere Prati, si passa viale Giulio Cesare, via Lepanto, via delle Milizie, via della Giuliana fino a Piazzale Clodio dove é situato il passaggio della mezza maratona. Siamo attorno all'1h 56m. In una gara ideale sarebbe stato buono arrivarci con qualche minuto in meno ma va bene cosí. Se non ci saranno problemi staró tranquillamente sotto le 4h. Se non ci saranno problemi... Ma adesso inizia l'altra gara. Quando si dice che una maratona non é semplicemente fare una mezza due volte. Il piede bagnato a cui non avevo pensato per parecchi km, tanto da farmi illudere fosse asciutto, ha presentato il conto. Vesciche. Anche se il riscontro cronometrico dei passaggi successivi é incoraggiante al ristoro del km 25 mi fermo qualche secondo in piú. Finora avevo sempre preso qualcosa a tutti i ristori ma senza fermarmi, ora il piede comincia a fare male. Il dolore é sempre sopportabile ma probabilmente ne risente la postura che incide non poco sull'economia di gara. Al km 25 dopo aver percorso un altro bel tratto di Lungotevere e prima di imboccare il ponte Duca d'Aosta transito in 2h 17m 37s. Altro pezzo di Lungotevere fino a via dei Campi Sportivi, si lambisce il lussuoso Quartiere Parioli e si gira attorno al Parco di Villa Glori. É il km 30. La vescica fa male. La maratona inizia dopo il km 30. É sempre cosí, ma psicologicamente anche se manca ancora un'infinitá comincia a farsi largo la convinzione che la finirai. Forse é con questa convinzione che corro il km 30, che risulterá alla fine il piú veloce di tutta la mia gara, in 5.12. Siamo a 2h 44m 55s. Tutto sommato un tempo accettabile, nelle previsioni potevano essere forse 4/5 minuti in meno ma il percorso e soprattutto il meteo che da qualche km ha cominciato a dare di nuovo il peggio di sé, non mi avrebbero permesso di fare meglio. La sosta al km 30 é piú lunga delle precedenti, ne approfitto per bere un po' piú tranquillamente ma soprattutto per sollevare il piede destro martoriato dalla vescica. I km passano inesorabili, 31-32-33, si passa il Quartiere Flaminio e si percorre il Lungotevere in Augusta. Km 35. 3h 13m 04s. Da qui inizia l'altra gara. Quella della sofferenza, della tenacia, della Maratona nel suo unico ed inarrivabile fascino. Che ti logora e ti ammalia. Senza aver archiviato il dolore al piede provocato dalle vesciche, sí perché mi sono accorto che il fastidio é in due punti distinti del piede, sento tirare leggermente il quadricipite, segno inequivocabile dell'arrivo di lí a poco, degli spiacevolissimi crampi. Mancano 7 km, anzi 7,5 perché nel frattempo lo scostamento tra il mio crono e le tabelle di segnalazione kilometriche é aumentato a circa 300 metri. Saranno i 7 km piú lunghi della mia vita. Decido di rallentare, cosí da placare la rabbia dei muscoli, si passa via Monte Brianzo e via Zanardelli prima di arrivare nella splendida cornice di Piazza Navona. I passaggi dei km 36-37 e 38 non sono incoraggianti 6.26, 6.34 e 6.01. Mancano poco piú di 4 km, i crampi sono arrivati.
É bastato rallentare un po' per placarli ma sono lí ormai pronti ad aggredire come un coltello ad ogni minima accelerazione. 3h 32m 05s piú altri 300m da fare per quel maledettissimo scostamento cronometrico che potrebbe fare la differenza. Il km 39 mi dá nuove speranze, anche se la corsa ha perso da tempo fluiditá, le vesciche nemmeno le sento piú visto che ho i piedi anestetizzati dai sampietrini, l'unico problema sono i crampi. Via del Corso, piazza del Popolo con l'Obelisco Flaminio, via del Babbuino, km 40 a 6.15, 3h 44m 03s. 15 minuti. 15 minuti e 56 secondi per la precisione. Devo fare 2,5 km. Si passa il traforo Umberto I. Un dolore acuto, fortissimo, una coltellata nella gamba sembra celebrare la mia resa. In qualsiasi altra circostanza avrei solo pensato a finire la gara camminando, anche strisciando se fosse servito, visto che la parola ritiro non la voglio conoscere, ma oggi per stare sotto le 4 ore bisognerá correre ancora un po'. Un atleta che mi segue mi dá una pacca sulla spalla e mi grida "C'mon, it's finished" o forse é solo la mia immaginazione a sentirlo. Mi fermo contro le transenne mentre sfilano i pacer delle 4h, una sensazione di sconforto simile a quella che devono provare i ciclisti in fuga quando vengono ripresi all'ultimo km mi pervade. Km 41 in 6m 42s. 3h 50m 46s. Manca 1,5 km. Via Nazionale, via IV Novembre, anche il polpaccio destro decide quasi per fare da contraltare alla gamba sinistra di manifestare il suo disappunto e cosí si arriva al km 42 in 6.13 a 3h 56m 59s in piena crisi di tutto. Ma non di fiato e non di gambe. Senza i crampi avrei potuto correre per altri 10, forse 20 km, la tabella di Massini che ho seguito ha dimostrato di essere valida. E allora chiudo gli occhi. Mancano 500 m. A occhio. Ce la posso fare, ma devo fare questi ultimi 500 m semplicemente correndo. Cerco di tenere le gambe il piú dritto possibile, donando alla mia corsa uno stile ridicolo che prego Iddio non venga immortalato da nessuna videocamera; l'arrivo é in leggera discesa, una manna, piazza Venezia, Altare della Patria, Fori Imperiali, 200m, 100m, finita... Finita. Fermo il mio crono prima di vedere quello ufficiale 3h 59m 18s. Quello ufficiale sará di 3h 59m 14s. Ritiro la medaglia sotto una pioggia torrenziale, mi danno una mantellina di cellophane e il pacco ristoro ma sono assente. Mi butto contro le transenne, mi viene da piangere dalla stanchezza, ho i conati di vomito e tremori di freddo. Sento che potrei svenire da un momento all'altro e sento di essere andato ben oltre i miei limiti quest'oggi. Se la maratona doveva servire a conoscere quali questi limiti fossero, oggi ne ho davvero ricevuto riscontro. Mi ci vorranno parecchi minuti per riprendermi e contattare Piero, che alla sua prima maratona ha centrato un incredibile 3.23 e a cui vanno le mie migliori congratulazioni visto che con la sua umiltá le merita tutte, per poi festeggiare assieme la conquista della Capitale. Una fatica immane che ho pagato nelle settimane a seguire con una contrattura ed una mezza bronchite, ma questa é la Maratona. Ti strema e ti ammalia...Alla prossima...

5 Marzo 2017 - Maratonina di Gorizia

Dopo molto tempo torno a scrivere di corsa. In veritá l'attivitá del running non si é mai fermata, gli allenamenti si sono succeduti forse piú intensamente che mai visto che alle porte c'é la Maratona di Roma con tutto il suo fascino di grande Capitale, della Capitale per eccellenza, e degli oltre 12000 attori protagonisti. Mi sono solo "riposato" un po' dalle gare. La Maratona di Monaco e la sua preparazione mi avevano fiaccato fisicamente e nella testa e dopo la Mezza di Palmanova la necessitá di staccare un po' dall'intensitá di gara é stata quanto meno fondamentale. Ma le idee non si sono fermate, sta prendendo vita il sogno, quel sogno di ragazzo, quella Maratona che non é una Maratona, é LA MARATONA. New York. Fatta l'iscrizione, non resta che contare i giorni. Ci sará tempo, tanto tempo, per raccontarne. Fino ad allora saranno tante le gare a cui parteciperó, ed una di queste é andata in scena Domenica scorsa. La Mezza Maratona di Gorizia. Con un carico di km assurdo fatto nelle ultime settimane, addirittura due uscite da 34 km nel giro di 6 giorni, ginocchia doloranti e sedute defaticanti dell'ultima settimana incredibilmente dure, mi sono approcciato alla gara con l'unico intento di finirla, senza chiedere di piú al crono e senza alcuna pretattica perché le sensazioni degli ultimi giorni, in cui ho assunto anche antiinfiammatori, erano davvero negative. Ma che le cose potessero andare diversamente lo avevo capito sin dalla mattina presto quando Mauro, compagno di squadra e di allenamento, é passato a prendermi a casa per andare a Gorizia assieme. Quei 100/200 metri fatti a ritmo di footing per raggiungerlo mi hanno fatto tornare il sorriso. Niente dolori, il ritmo sará quello che sará, ma correró senza alcun fastidio. Arrivati a Gorizia, prima della foto di rito con il resto della squadra, e dopo essersi preparati, aver ritirato il pettorale, depositato la borsa e fatto gli scongiuri per il tempo in perenne equilibrio tra pioggia e sole, spostato piú verso la pioggia in veritá, un po' di riscaldamento che mi ha decisamente risollevato. Sto bene. Finalmente. E poi ho la testa sgombra, non ho alcuna ossessione di tipo cronometrico, non sono nemmeno teso sulla linea di partenza come spesso, quasi sempre, accade. Sono tranquillo, riesco a scherzare con qualche compagno di squadra, salutare un collega. Insomma piú un clima da sagra che da gara. E resto quasi sorpreso anche dallo sparo che dá il via alle ostilitá. La partenza da Corso Verdi come sempre. Parto quasi davanti quindi non ho il solito traffico con conseguente perdita di tempo dei primi km. Non ci sono nemmeno molti atleti al via, circa 600. Arrivo al primo km in via Brigata Casale a 4.16. Sono partito come un razzo, a questo ritmo schiatteró dopo 10 km. Meglio rallentare, ma sono fuori fase e non riesco a trovare quello ideale, perché in fin dei conti, non ho un vero e proprio ritmo ideale quindi i successivi li faccio a 4.35, 4.34, 4.33 e 4.39. Sento che questo sará un grande giorno. Dopo via Leopardi e via Italico Brass si torna poco dopo il terzo km su corso Verdi e conseguentemente sulla linea di partenza che si rivarcherá nuovamente verso il km 20. La corsa prosegue su Corso Italia quasi fino alla Stazione. Al terzo km e mezzo si vedono nel controviale giá gli atleti di testa al ristoro del km 5. Mamma mia quanto corrono!! La corsa é giá un lunghissimo serpentone, in attesa di spezzarsi in piccoli tronconi. Al ristoro del km 5 prendo un bicchiere d'acqua al volo, giusto per bagnarmi le labbra. Piú avanti, circa al km 7, si entra in Slovenia attraverso il Valico di San Pietro e piú avanti nel piccolo centro abitato di Sempeter.
Assumo un gel al km 9. Dovrebbe bastare. Cerco qualche compagno di squadra, non riesco a trovare nessuno, non so se sono davanti né se sono dietro. Non so nemmeno dove si trovi Mauro che dovrebbe essere partito per mantenere un ritmo simile al mio. Lo ritroveró all'ultimo km. Passaggio al km 10, 45.17. Ottimo. Ci sono dei tratti abbastanza impegnativi, saliscendi continui, rompono un po' il ritmo ed appesantiscono le gambe ed infatti nonostante il 4.43 del km 13, mio lap tartaruga della gara, passo l'ora di gara avendo percorso giá oltre 13km. Fino a qualche tempo fa il fatto che mancassero 8 km all'arrivo mi avrebbe gettato nello sconforto, adesso la testa ragiona con numeri piú grandi ed infatti mancano SOLO 8 km. Comincio a fare qualche calcolo mentale ma é ancora presto per poter prevedere un miglioramento del mio record personale di 1.38.37. Si percorre la ciclabile che porta a Salcano. Bello il paesaggio. Finalmente scorgo un compagno di squadra. É Gabriele. Un ottimo punto di riferimento. Lo raggiungo circa al ristoro del km 15. Mi ripassa piú avanti e quasi come una sorta di elastico lo risorpasso. Nel frattempo si rientra in Italia da via degli Scogli, gli ultimi km sono stati fatti quasi tutti alla media di 4.37/4.38. Il percorso offre finalmente la possibilitá di tagliare qualche curva e la cosa mi permette di recuperare tempo prezioso e metri preziosi. Aumenta la consapevolezza che questa gara sará da incorniciare con un bel PB, e aumenta proporzionalmente il mio ritmo. Nel frattempo alle mie spalle rinviene nuovamente Gabriele, preziosissimo in questo momento dove potrei facilmente andare fuori giri. Le gambe tengono, ma Gabriele aumenta il ritmo per lo sprint che é praticamente iniziato a 2 km dall'arrivo. Sono certo di non riuscire a tenerlo tutto questo tempo, quindi sul pavé di Corso Verdi da dove la gara é partita rallento, ma non eccessivamente tanto da fare il km 20 a 4.28. Ora é il momento di accelerare. Gabriele é lí davanti e una volta svoltato in via Diaz scorgo un'altra casacca in lontananza della Fincantieri, dall'andatura credo sia Mauro, ma in questo momento sono a tutta e non riesco a definire parecchie cose. Non esiste crono, sono quasi in una dimensione extracorporea, sento che Mauro dice qualcosa mentre lo passo quasi sul rettilineo finale e con lui Gabriele, ma io non sono in grado piú di percepire alcun rumore, passo un altro atleta prima dell'arrivo e varcato il traguardo non ho nemmeno la forza di alzare le braccia al cielo
e di spegnere il Garmin che prosegue il conteggio dei secondi ancora per qualche istante, il tempo di prendere la medaglia e realizzare che é nuovo primato personale con 1.35.35, con un ultimo km a 4.16. Miglioramento di oltre tre minuti, e consapevolezza, una volta di piú, di essere sulla strada giusta per Roma e su quella piú grande per la realizzazione del sogno di una vita. Alla prossima.